Le energie rinnovabili saranno il futuro. Obbligato, perché dovranno salvare l’umanità dalla rivolta del clima e dal trionfo dell’inquinamento. E questa è ormai una solida certezza. Nel frattempo c’è chi scommette che le energie rinnovabili saranno comunque un affare. Non solo per il grande business che sono capaci di generare, ma anche per il costo netto dell’energia prodotta rispetto al petrolio, al gas, al carbone. Su questo versante le opinioni sono un po’ più controverse. Ma a spostare decisamente il barometro della convenienza verso il sì sono, proprio nelle ultime settimane, i protagonisti più autorevoli del dibattito, e cioè gli operatori energetici tradizionali.
Gli ultimi segnali sono inequivocabili. Prima l’operatore nucleare russo Rosatom, che si è lanciato (non ne ha fatto mistero, ma anzi gran pubblicità) nella costruzione di enormi parchi eolici. Poi i petrolieri norvegesi della Statoil, anche loro affascinati dal vento, con tanto di piani di investimento e relativi nuovi annunci. Ci credono sempre di più le grandi major come Shell, Exxon, Total. La nostra Eni, da sempre lungimirante, ha costituito già nel 2005 la Direzione Energy Solutions dedicata interamente alla ricerca e alle applicazioni sulle rinnovabili che risponde direttamente all’Amministratore Delegato Claudio Descalzi. Ma chi saranno i campioni della nuova corsa? Proprio loro: i manovratori storici del petrolio, gli sceicchi.
Così la corsa al primato
Gli Emirati Arabi Uniti, titolari del primato del petrodollaro, fanno su serio. Per dotarsi di quote crescenti di energie rinnovabili mobiliteranno un nuovo pacchetto di investimenti da 600 miliardi di dihram, ovvero la bellezza di 163 miliardi di dollari sonanti. Parola, appena ufficializzata, del primo ministro Sheikh Mohammed bin Rashid al-Maktoum. Insomma, mentre l’Italia continua a promettere nuove strategie energetiche organiche che producono solo bozze subito dimenticate, e nuovi ripetuti annunci che pochi prendono sul serio, gli Emirati puntano con il loro piano strategico a soddisfare entro il 2050 il 44% del fabbisogno energetico interno con le fonti rinnovabili, mentre il gas dovrà crescere al 38%, un 12% di fonti fossili dovranno essere utilizzate con le tecnologie più pulite possibile e il nucleare (qui da noi reietto) darà comunque un apporto del 6% .
Nel frattempo, e anche dopo, negli Emirati si continuerà a pompare petrolio dal sottosuolo a tutta manetta. Una contraddizione? Niente affatto. Significa che gli sceicchi vorranno continuare ad essere ancora per decenni leader delle forniture mondiali di idrocarburi, ma nel frattempo si proietteranno in quello che inequivocabilmente sarà, e dovrà essere, il futuro dell’umanità. Onore alla lungimiranza strategica. La loro. Magari unita alla speranza che non tutto il mondo si impegni così tanto e così velocemente sulle energie rinnovabili, continuando a comprare il loro petrolio per un bel po’ di tempo.
Un affare già oggi
Certo, i paesi del Golfo, sovrani del petrolio, anche nelle rinnovabili hanno qualche vantaggio. Il vento forte e costante fa da padrone in molte aree. Per non parlare del sole. E così anche per loro, che il petrolio in abbondanza ce l’hanno in casa, il ricorso alle rinnovabili è già oggi un affare, come testimoniano illustri analisti. Macchine avanti tutta, dunque. I pannelli solari sono sempre più visibili a casa loro. E ora si cercano addirittura i record, in quantità e qualità. È del giugno scorso il via alla costruzione a Dubai di un impianto solare termodinamico a concentrazione (CSP). Una tecnologia nella quale l’Italia sarebbe leader con soluzioni d’avanguardia mondiale, ma che in patria applichiamo poco o niente.
L’impianto arabo, nel frattempo, sarà il più grande del mondo: 1.000 MW entro il 2030, con un primo modulo da 200 MW in produzione entro il 2021 che secondo le stime produrrà elettricità a meno di 8 centesimi di dollaro al kilowattora. Ma in realtà gli Emirati hanno già battuto il record di economicità con gli impianti già in funzione, capaci in certi momenti in determinate circostanze di mettere a segno prezzi davvero stracciati: nel settembre scorso – come riportano gli analisti di QualEnergia – un’asta organizzata dalla Abu Dhabi Electricity and Water Authority (ADWEA) ha prodotto per un impianto solare da 350 MW un’offerta di elettricità all’equivalente di 2,4 centesimi di dollaro a chilowattora.
Fonte: Il Sole 24 Ore